Dal blog "una vita in fumo"

Posted by Laura Raffaeli | Posted in ,

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Quando una legge non basta
La legge "Sirchia": necessità di un nuovo intervento normativo


Sono passati circa quattro anni dalla sua introduzione e poco più di due dalla sua concreta applicazione, eppure la legge nr. 3/2003, avente ad oggetto la "tutela della salute dei non fumatori", meglio nota come legge "Sirchia" dal nome dell'allora Ministro della Salute, in alcuni uffici e in diversi locali pubblici (soprattutto discoteche) del nostro
Paese è come se non fosse mai stata approvata dal Parlamento. Per la verità appena entrata in vigore non fu proprio così, organi di stampa e telegiornali davano ampio risalto ad ogni episodio che in qualche modo fosse riconducibile alla attuazione della predetta legge. Fu così che in una sorta di bollettino di guerra, ogni giorno si apprendeva del primo multato perché sorpreso a fumare in un ufficio pubblico, poi, del primo locale chiuso per i medesimi motivi, sino ai dibattiti televisivi nei quali si assisteva a dei veri e proprio scontri ideologici tra il partito trasversale dei fumatori che si definiva come una sorta di perseguitato politico e l'altrettanto gruppo misto di non fumatori che invece salutava la legge Sirchia come una legge di civiltà, della quale, pertanto, ne chiedeva soltanto il rispetto da parte di tutti. Al solito coro, appena descritto, di innocentisti e colpevolisti si inserì una
terza categoria, ovvero i gestori di esercizi pubblici, i quali lamentavano gli eccessivi costi ed a volte l'impossibilità di attrezzare sale per fumatori e, pertanto, il rischio di perdere quei clienti che, tra il gusto di una serata di privazioni pubbliche ed un'altra di
libertà domestiche, avrebbe quasi certamente preferito la seconda. Così non è stato, i locali, in generale, non persero clientela tra le fila dei fumatori, che, per la maggior parte, salutarono con favore questo nuovo divieto che li obbligava a fumare di meno e, almeno al ristorante, a riscoprire alcuni sapori della tavola, ormai loro sconosciuti.
Chi il danno, invece, lo patì e non di lieve entità fu la lobby delle multinazionali del tabacco che registravano non solo un continuo calo delle vendite di sigarette, ma anche, da quanto appreso dai sondaggi in voga in quel periodo, la progressiva erosione del fascino da fumo tra i giovani. Questa legge, tuttavia, dopo le prime polemiche ed i successivi
apprezzamenti cennati, registrò un significativo arresto con la pronuncia dell? agosto 2005 n. 6068, mediante la quale il Tar Lazio, adito da un gestore di un bar multato per violazione della legge sul fumo, annullò parzialmente la circolare emanata dal Ministero della
Salute in data 17 dicembre 2004 (Gazzetta Ufficiale N. 300 del 23 Dicembre 2004), con la quale erano stati introdotti a carico dei gestori di locali, quali bar e ristoranti, l'obbligo di vigilare sull'osservanza del divieto di fumare.
La pronuncia in parola, seppur giuridicamente ineccepibile, provocò una crepa della legge Sirchia, che all'attualità non può dirsi ancora sanata.
Ora però, prima di arrivare ai nostri giorni, in via di principio, deve esser chiarito come oggetto della pronuncia in commento non fu il divieto di fumo, inteso quale limite posto ai privati a tutela del diritto alla salute, bene primario che assurge a diritto fondamentale
della persona, ed impone piena ed esaustiva tutela (Corte cost., 20/12/1996, n. 399), ma solamente gli "obblighi positivi" (di ammonimento e di segnalazione a pubblico ufficiale) che gli atti impugnati prevedevano in capo ai conduttori di locali privati aperti al
pubblico.
Segnatamente gli obblighi ricadenti sui soggetti responsabili delle strutture pubbliche o sui loro delegati erano essenzialmente i seguenti:
a) l'obbligo di richiamare formalmente i trasgressori all'osservanza del divieto di fumare;
b) di segnalare, in caso di inottemperanza al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori ai pubblici ufficiali od agenti ai quali competevano e competono la contestazione della violazione del divieto e la conseguente redazione del verbale di contravvenzione.

Comments (1)

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